“Sappiamo già da tempo che
l'attività fisica è in grado di avere un effetto quasi equivalente a un
trattamento precauzionale, come quello
ormonoterapico per il carcinoma della mammella o chemioterapico per il cancro
del colon”, commenta Giordano Beretta,
Segretario nazionale dell'Associazione
Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e
Responsabile dell’Oncologia Medica di Humanitas Gavazzeni a Bergamo. “Quanto
detto vale soprattutto per la riduzione del tasso di recidive nei pazienti
operati, sebbene stiano cominciando a emergere dati sulla malattia metastatica.
In questo caso, però, è più difficile capire se l’attività fisica migliori
realmente la sopravvivenza o se i pazienti che stanno meglio, e che quindi
avranno una maggiore sopravvivenza, sono quelli che fanno più movimento. Va
certamente sottolineato che l'attività fisica non può in alcun modo sostituire
le terapie, ma oggi i medici non possono prescrivere un trattamento e
tralasciare di dire che l'esercizio gioca una grande ruolo: sono due aspetti
della cura”.
Attività fisica dopo la diagnosi: i big killer. Oggi prove consistenti sui benefici dell'attività fisica esistono per
i tumori del colon, della prostata e del seno: tre dei quattro “big killer”.
Cominciamo dalla prostata, neoplasia che in Italia colpisce 35 mila
persone ogni anno: secondo i risultati dell'Health Professionals Follow-Up Study (uno studio di popolazione condotto dall'Harvard School of Public
Health), dopo la diagnosi, gli uomini che fanno attività fisica intensa per tre
ore a settimana vedono la probabilità di morire per questo cancro ridursi di
ben il 61%, rispetto a chi si allena per meno di un'ora a settimana. Non è il
solo studio ad affermarlo. Lo scorso anno, al meeting annuale dell'American
Association for Cancer Research, sono stati presentati i dati di un'ampia ricerca
epidemiologica (condotta su una coorte di oltre 10 mila
uomini). Ebbene, anche in questo caso, i più attivi (prima e dopo la diagnosi)
hanno avuto una mortalità inferiore del 34% rispetto ai meno inclini
all'attività fisica.
Per quel che riguarda il colon-retto, al Gastrointestinal Cancers Symposium (San Francisco, 19-21 gennaio) è stato presentato un ampio studio
clinico su oltre 1.200 pazienti con tumore in fase metastatica, condotto dal
Brigham & Women’s Hospital di Boston: in chi è riuscito a sostenere 30
minuti di attività fisica moderata (passeggiate, pulizie domestiche o
giardinaggio) al giorno, la mortalità si è ridotta del 19% e la progressione
della malattia del 16%. Anche in questo caso i dati indicano che più tempo si
sta in movimento, più i benefici sembrano aumentare: nei pazienti che hanno
dedicato all'attività fisica cinque ore o più a settimana, la mortalità si è
ridotta del 25%. Non è stata osservata alcuna correlazione, invece, tra mortalità
e attività più intese, come il running o altri tipi di sport.
Si tratta di una delle prime analisi su pazienti con tumore al colon-retto
avanzato, ma la relazione tra il tumore del colon in generale e attività fisica
è stata la più indagata. E sebbene i numeri delle varie statistiche varino, la
morale è confermata. Nel 2012 per esempio, una meta-analisi
pubblicata sul Journal of the National Cancer Institute aveva individuato 27 studi osservazionali che mostravano
un'associazione tra attività fisica e riduzione della mortalità per il tumore
al colon-retto (circa 52 mila nuovi casi ogni anno in Italia) e al seno (circa 50 mila donne colpite ogni anno in
Italia). Risultati in linea con quelli di un'altra meta-analisi pubblicata nel
2014 su Annals of Oncology. Per il carcinoma
della mammella,
però, va fatta una distinzione: l'esercizio regolare ridurrebbe il rischio di
recidiva di ben il 50% nelle donne con tumori ormono-dipendenti (le cui
cellule, cioè, presentano un alto numero di recettori per gli estrogeni), ma di
appena il 9% nelle donne con tumori che non presentano questa caratteristica.
Attività fisica e qualità di vita. Non si guarda solo alla sopravvivenza, ma anche alla qualità di vita.
I risultati degli studi condotti fino a oggi sono concordi nel dire che
l'attività fisica ha un effetto positivo su molte condizioni: riduce la fatigue
(un effetto collaterale della chemio e della radioterapia), la nausea e gli
stati di ansia, migliora il tono dell'umore, aumenta l'autostima. In generale,
agisce sul senso di benessere fisico e psicologico. Per le donne operate di
tumore al seno, inoltre, l'attività fisica mirata può aiutare a contrastare
l'osteoporosi (conseguenza delle terapie endocrine) e a prevenire il linfedema.
Anche i pazienti con tumore
del polmone sembrano
beneficiare dell'esercizio fisico, sebbene gli studi siano
ancora pochi. In ogni caso, l'attività fisica dovrebbe sempre essere eseguita
sotto controllo medico.
Attività
fisica e prevenzione. Cosa
ben nota da tempo, invece, è l'importanza dell'esercizio fisico per la
prevenzione delle neoplasie. Lo scorso maggio, il National Cancer Institute
statunitense ha pubblicato su JAMA Internal Medicine la sua tesi definitiva,
secondo cui lo sport abbatte il
rischio di ammalarsi di almeno 13 tipi di tumore: adenocarcinoma dell'esofago, tumore del
fegato, del polmone, del rene, dello stomaco a livello del cardias,
dell'endometrio, leucemia mieloide, mieloma, di tumore del colon, di tumori
della testa e del collo, del retto, della vescica e della mammella.
da: http://www.repubblica.it/oncologia/qualita-di-vita/2017/02/10/news/cura_dei_tumori_attivita_fisica_come_terapia-157999087
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